Le Valchirie: il nazionalismo scandinavo nasce da donne forti e indipendenti

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LE VALCHIRIE: IL NAZIONALISMO SCANDINAVO NASCE DA DONNE FORTI E INDIPENDENTI

Il XIX secolo ha visto la nascita di tutti i nazionalismi, e del concetto di Nazione come lo conosciamo oggi. La Scandinavia non è esclusa: il nazionalismo scandinavo o nordico non riguarda solo quello norvegese o finlandese, che avrebbe poi portato a inizio Novecento all’indipendenza della Norvegia (1905, dopo secoli di dominazione danese e uno di dominazione svedese) o della Finlandia (1917 dall’Impero Russo, a cui era passata dopo secoli di dominio svedese).

Il nazionalismo scandinavo riguarda anche la Svezia e soprattutto la Danimarca. L’antica monarchia, in perenne decadenza, doveva fare i conti con il ridursi del suo Impero-Non Impero, dovuto nel corso dei secoli alla perdita della Scania e dei territori svedesi, alla vendita delle Isole Vergini Danesi agli Stati Uniti (oggi Isole Vergini Americane), la perdita progressiva delle colonie nella Costa d’Oro in Africa e quelle in India, la perdita della Norvegia e, proprio nel XIX secolo, la perdita della sua parte meridionale, lo Slesvig-Holsten, conquistato dalla Germania di cui oggi fa ancora parte (Schleswig-Holstein).

Se oggi è comune trovare i miti norreni popolari nei mass media, nei videogiochi, nel cinema e nell’arte in generale, non era così fino all’Ottocento. In passato, avevano uno status diverso, usati come elementi della storia delle nazioni, in monumenti pubblici, discorsi politici e altre sfere della società. Ma un’opera letteraria ha cambiato tutto.

Le Valchirie:

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LA STORIA ILLUSTRATA DELLA DANIMARCA

L’opera “Danmarkshistorie for folket” (“Storia illustrata della Danimarca per il popolo”) di Adam Fabricius del 1854 era un lavoro esaustivo, pensato per coprire tutta la storia della Danimarca in due volumi.

Rifletteva la preoccupazione per l’unificazione del Regno di Danimarca e il ritorno del Ducato di Schleswig alla “Patria” (cioè la Confederazione Germanica), che era la principale preoccupazione politica e nazionale degli intellettuali e artisti danesi del tempo. Antenati e miti venivano usati per evocare il romanticismo nazionale e sottolineare la legittimità della pretesa danese sul Ducato di Schleswig. L’uso di stereotipi, eroi, divinità ed episodi leggendari forniva una varietà di immagini con cui i lettori dell’epoca potevano identificarsi, sfumando deliberatamente il confine tra “mito” e “storia” in un’epoca in cui l’evocazione del nazionalismo era fondamentale.
Il libro di Fabricius, quindi, è probabilmente una delle prime opere a presentare una panoramica illustrata della storia della Danimarca, dalla preistoria fino al periodo della sua pubblicazione. Fu molto popolare fino all’inizio del XX secolo, con numerose ristampe pubblicate. L’autore, Adam Kristoffer Fabricius (1822–1902), era uno storico, scrittore e sacerdote danese. Fu sovrintendente del seminario di Ranum, un’istituzione educativa per la formazione degli insegnanti, ed era anche insegnante di storia e francese presso la scuola della Cattedrale di Aarhus, la più grande e una delle più antiche del Paese. Tale scuola, tra l’altro, era particolarmente importante, considerando anche che Aarhus è stata a lungo la diocesi più importante del Paese, prima di divenire la seconda città del Paese per dimensioni e per industria.

LA FUSIONE TRA STORIA E MITO

L’opera di Adam Fabricius tenta di ricostruire il passato danese e tratta l’antichità fino al Medioevo nel primo volume. Il Capitolo 2 è dedicato alla Storia Nordica, ma è essenzialmente composto da saghe islandesi: Fabricius identifica questo lungo periodo come Paganesimo (all’epoca non era ancora nata la definizione di Età Vichinga).
Oggi, invece, si riconosce che, sebbene le saghe islandesi non siano forse inconfutabili come fonti “tradizionali” di storia scritte contemporaneamente, forniscono comunque importanti informazioni sui periodi storici, sia su quelli in cui furono scritte (dopo il 1200 d.C.), sia su quelli cui si riferiscono, circa tre secoli prima. Sono concepite come parte del folklore, della tradizione orale e degli antichi costumi dei popoli. Per i lettori dell’epoca, fornivano un quadro storico con pochi dati, ma che soddisfaceva il bisogno di conoscere il passato, di costruire un’identità nazionale e di individuare anche dei nemici. Non è tipico solo della Scandinavia: anche in Germania lo stesso paganesimo fu usato per creare un’identità nazionale, e in seguito male interpretato dal Partito Nazista per il concetto di “razza ariana”. Allo stesso modo, nello stesso periodo, l’epoca Romana veniva usata per creare un senso di identità nazionale in Italia, e durante il Fascismo La Germania e altre opere di Tacito male interpretate per giustificare la superiorità culturale italiana.

Tornando alla Danimarca, il concetto di “nazione” presentato nel libro di Fabricius assume alcune caratteristiche essenziali del mito: utilizzava una tradizione molto più antica per presentare valori, principi, nozioni escatologiche e tradizioni basate su simboli femminili, evocando combattenti, il popolo, la patria e altri elementi che potevano fornire un senso di identità.

LE GUERRE DELLO SCHLESWIG

L’approccio di Fabricius – e di molti artisti che contribuirono con illustrazioni al libro – fu influenzato dal clima di tensione politica e territoriale tra Danimarca e la Confederazione Tedesca dell’epoca. Il XIX secolo fu un periodo di grandi cambiamenti, in cui il nazionalismo occupava uno spazio importante come quadro ideologico e sociale. Il controllo del Ducato di Schleswig era l’elemento politico principale che teneva impegnati intellettuali e artisti danesi dagli anni 1840 e per gran parte del XIX secolo.
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Queste tensioni tra i movimenti nazionali contrapposti, quello danese e quello schleswig-holsteiniano, portarono alla Prima Guerra dello Schleswig (1848-1850), innescata dall’ascesa al potere di un governo nazional-liberale danese nel marzo 1848, seguita immediatamente da un’insurrezione. La Seconda Guerra dello Schleswig ebbe luogo dopo la pubblicazione del libro di Fabricius, nel 1864, e vide impegnate Prussia e Austria contro la Danimarca, militarmente inferiore, che perse il controllo dell’intero Schleswig-Holstein ceduto ad Austria e Prussia.
Le arti visive, insieme al libro di Fabricius, giocarono un ruolo cruciale nella costruzione di identità nazionali e tematiche, essenziali per i paesi che cercavano autoaffermazione (Norvegia) o rinascita (Danimarca).

LE VALCHIRIE NEL FOLKLORE VISIVO DANESE

Tra gli elementi mitologici più ricorrenti nel libro di Fabricius vi sono le Valchirie, figure mitologiche femminili derivate dalla tradizione nordica. Le Valchirie sono descritte nella mitologia norrena come esseri soprannaturali associati al campo di battaglia e alla morte: messaggere di Odino, erano destinate a scegliere chi tra i guerrieri caduti sarebbe stato condotto nel Valhalla, il palazzo degli eroi.


Nella Danimarca del XIX secolo, le Valchirie erano simboli di potenza, impegnate nella lotta per la patria e il sacrificio eroico. Erano donne forti e armate, con elmi alati e corna. Un immaginario tutto Ottocentesco e storicamente per niente accurato, e che però è riuscito a diffondersi e a coniare l’immagine anche odierna della Valchiria.


Anche nell’opera di Fabricius le Valchirie erano così rappresentate. Le illustrazioni mostravano spesso scene di battaglie eroiche, figure mitologiche e paesaggi epici, tutti elementi volti a suscitare un senso di orgoglio nazionale e appartenenza. In particolare, le raffigurazioni delle Valchirie tendevano a enfatizzare la loro bellezza e forza, rendendole ideali non solo come simboli della mitologia norrena, ma anche come incarnazioni dei valori della nazione danese.

Articolo in collaborazione con

Robin Mørensson,
founder @ NØGLEN

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