Affidarsi all’etimologia delle parole per chiarirne il significato e la modalità di utilizzo non sempre si rivela una scelta vincente; spesso le etimologie sono discusse o discutibili e talvolta non corrispondono neanche perfettamente all’uso semantico del termine.
Per completezza di informazioni possiamo dire che un’interpretazione a lungo accettata del termine vichingo, in norreno víkingr, era quella di uomo della baia.
Tuttavia, le navi e le sezioni di navi di epoca vichinga giunte fino a noi, dimostrano che erano pensate e costruite per vari scopi e che se da un lato esistevano imbarcazioni molto piccole, utilizzate per spostamenti interni, magari per raggiungere il luogo dell’Assemblea o del mercato, accanto a queste esistevano robuste imbarcazioni per il trasporto di merci e truppe lungo rotte molto più complesse e pericolose, attraverso il Baltico prima e nell’area atlantica poi. Non possiamo quindi restringere l’area di azione del vichingo alla baia, tantomeno ad una specifica indicazione geografica.
Oggi si tende piuttosto a riportare l’origine di questo termine ad un sostantivo víka, che indica un turno di remi completo e per estensione la distanza coperta in mare nel giro di un turno di remi. Le imbarcazioni vichinghe utilizzavano infatti due sistemi di propulsione: il vento, che sfruttavano con le loro vele singole montate su un unico albero centrale, e i remi. Un ragionamento simile era già stato proposto in passato per il termine Rus, collegato ad una radice che indicava il remare, e questa proposta appare decisamente più in linea con le caratteristiche del vichingo, il quale poteva essere molte cose, ma non poteva non essere un navigatore!
Vichingo indica una professione, non l’appartenenza ad una etnia e non è neanche corretto presupporre che tutti gli Scandinavi vissuti tra VIII e XI secolo siano stati dei vichinghi, poiché sicuramente solo una parte della popolazione si dedicava a questa attività e perfino la maggior parte dei defunti commemorati nelle celebri iscrizioni runiche realizzate in questi secoli, migliaia nel solo territorio svedese, erano principalmente proprietari terrieri, ricchi possidenti, talvolta proprietari anche di una o più navi utilizzate in spedizioni commerciali o militari, ma affidate a comandanti ed equipaggi specializzati.
Nel mondo nordico antico la parola è attestata in due tipologie di fonti scritte: le saghe medievali e le iscrizioni runiche. Le saghe parlano spesso di eventi accaduti durante i secoli comunemente definiti epoca vichinga e spesso hanno dei vichinghi, più o meno famosi, per protagonisti, ma sono state redatte secoli dopo tali eventi e con il tempo la parola aveva assunto una connotazione negativa, fino a diventare sinonimo di pirata. Sono le iscrizioni runiche le sole fonti scritte nelle lingue scandinave antiche contemporanee agli eventi di quel periodo: loro cosa ci dicono dei vichinghi?
Le iscrizioni di epoca vichinga sono di base iscrizioni commemorative commissionate da parenti in memoria di congiunti, non necessariamente sempre tragicamente morti lontano dalla patria, ma sempre appartenenti a classi sociali elevate e benestanti. Le pietre runiche servivano paradossalmente quasi più ai vivi che non ai morti, poiché spesso celavano una precisa affermazione di potere e status e valevano quali documenti per l’asse ereditario. Alcuni dei defunti celebrati morirono lontano da casa conducendo una nave, quali capitani e talvolta proprietari di imbarcazioni, ed altri erano mercanti che percorrevano con il proprio knǫrr delle rotte abituali. Nelle iscrizioni sono attestati due termini: víkingr, che indica l’individuo, e víking, che indica l’attività. Morire í víkingu significava aver trovato la morte durante una spedizione e l’accostamento di determinati avverbi all’espressione può essere di aiuto per capire se si fosse trattato di una morte giunta durante una scorreria o un viaggio commerciale.
Va precisato che sono pochissime le iscrizioni che attestano l’uso della parola víkingr, e che appartengono a tre fasi temporali differenti dell’epoca vichinga e a tre territori tra loro distanti. Questo però è un vantaggio: poche fonti, ma distribuite nel tempo e nello spazio consentono di formulare maggiori riflessioni rispetto a quanto si potrebbe fare di fronte ad un uso locale e circoscritto dal punto di vista temporale di un termine.

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