La pietra di Svingerud

pietra di Svingerud RUNOLOGIA

LA PIETRA DI SVINGERUD, DALLA NORVEGIA LA PIÙ ANTICA ISCRIZIONE RUNICA SU PIETRA

Martedi 17 gennaio 2023 l’Historisk Museum dell’Università di Oslo ha rilasciato un comunicato in cui rendeva nota quella che personalmente credo si possa definire la più importante scoperta della runologia di questo primo quarto di XXI secolo e forse degli ultimi 100 anni: il ritrovamento di un frammento di pietra runica databile 0 – 250 d.C.

L’annuncio è di quelli che catturano l’attenzione dei curiosi e lasciano gli specialisti senza fiato. Qualcosa di simile era avvenuto nel 1955 a Bergen, quando centinaia di brevi testi su legno, osso e oggetti di uso quotidiano erano emersi dal terreno dopo il terribile incendio che nel mese di luglio aveva distrutto una sezione del quartiere di Bryggen. Aslak Liestøl, l’esperto chiamato dalla capitale, aveva decretato di trovarsi di fronte alla più importante scoperta runologica del XX secolo, la cui forza stava nel numero e nella varietà dei reperti, che gettavano nuova luce sulla comprensione dell’uso della scrittura runica in Scandinavia nel Medioevo. Cosa direbbe oggi Liestøl di questo ennesimo dono che la Norvegia fa alla runologia? La Pietra di Svingerud, battezzata come da tradizione secondo il nome del luogo del ritrovamento, nella sua unicità potrebbe potenzialmente aprire nuovi scenari in merito all’annosa questione dell’origine della scrittura runica.
[Immagine del frammento principale divulgata da Historisk Museum, photo credit: Alexis Pantos]

La Pietra di Svingerud:

IL CONTESTO DEL RITROVAMENTO

Per prima cosa va detto che non si tratta di una pietra completa, ma di più frammenti di cui alcuni combaciano a coppie e sono per tale ragione ritenuti sezioni di un unico monumento. Non è chiaro dalle Fonti ad oggi disponibili se si è giunti a definire che si trattasse di un’unica pietra spezzatasi in molteplici frammenti di cui parecchi mancanti o piuttosto della presenza in origine di più pietre runiche, il che sarebbe un elemento coerente con il contesto culturale delle iscrizioni runiche in rapporto a luoghi di sepoltura e/o celebrazione di rituali.

Il frammento più grande ha una forma pressoché quadrata di 31 x 32 cm e come gli altri proviene da un unico scavo archeologico condotto in una necropoli dell’età del Ferro nelle vicinanze del lago Tyri (Tyrifjorden), regione di Ringerike, 50 km circa nord-ovest di Oslo. L’area di interesse era costituita da alcuni tumuli sotto i quali si celavano due sepolture a cremazione: da una di queste provengono i frammenti di arenaria, pietra tipica della regione (il che lascia dedurre che la pietra runica non sia stata importata da altre zone). Iscrizioni runiche collegate a contesti funerari sono noti nel corpus antico e l’esempio più celebre proviene proprio da una sepoltura a cremazione: il raschiatoio di Fløksand (N KJ37 – Norvegia, Hordaland, 310 – 375 d.C.), oggetto legato alle quotidiane attività femminili con incisa la formula magica lina laukaz, lino porro seguita da una runa isolata f.

I primi frammenti sono stati trovati nel novembre 2021 ed altri sono comparsi tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno 2022, ma ad accorgersi della presenza delle rune è stata l’archeologa Judyta Zawalska solo nel momento in cui i frammenti dallo scavo sono stati consegnati al magazzino del Museo. Non deve sorprendere particolarmente che le rune non fossero state notate fino ad allora perché si tratta di una sorte più comune di quanto non si possa immaginare per le iscrizioni, soprattutto del corpus antico. Un esempio famoso è la stele di Skåäng nel Södermaland, scoperta nel 1830, anno cui risale anche la prima analisi del testo di epoca vichinga che corre in un nastro serpentiforme lungo il perimetro del monumento, ma per cui fu necessario attendere fino al 1867 perchè qualcuno notasse la più breve iscrizione in fuþark antico che campeggia al centro della pietra. Oggi la superficie incisa è stata pulita e le rune tinte di rosso, ma il passare del tempo rende talvolta davvero difficile individuare i caratteri a prima vista.
Pietra di Svingerud
[Pietra di Skåäng, Sö 32 Dal database Runor Upphovsman Lundberg, Bengt A Upphovsrätt Lundberg, Bengt A Organisation Riksantikvarieämbetet]

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LA DATAZIONE

Datare le iscrizioni è sempre un’operazione molto complessa. Nella maggior parte dei casi si arriva a definire una cronologia relativa sulla base di alcuni indizi e nel tempo si è quindi compreso quanto un’accurata analisi archeologica del contesto del ritrovamento sia una fase delicata ed essenziale nel processo di datazione. Nel caso di questa sepoltura l’analisi al C 14 condotta su alcuni reperti organici che si sono conservati consente una datazione certa nell’arco temporale 0 – 250 d.C.

0 – 250 d.C. è un periodo di tempo piuttosto lungo, ma già sufficiente per permettere di affermare che siamo di fronte alla più antica iscrizione runica su pietra nota, precedente di almeno 100 anni perfino la pietra di Einang (N KJ63, Norvegia, Oppland 350 – 400 d.C., prima immagine) su cui si legge:
(Ek go)ðagastiz runo faihido

(Io Go)đagastiR dipinsi le rune.
Tuttavia ciò che potrebbe rendere rivoluzionaria la scoperta è il fatto che uno dei frammenti di osso ritrovati è stato datato, sempre per mezzo del radiocarbonio, 25 – 120 d.C. Ovviamente non ci sono elementi definitivi a favore della stessa datazione per l’iscrizione runica, ma neanche evidenti contrapposizioni dal momento che le rune utilizzate sono quelle della sequenza più antica e la lingua, per quanto si sia ad ora riusciti a valutare, attesta uno stadio molto arcaico della sua storia. Se davvero la pietra di Svingerud risalisse anche solo al 120 d.C., andrebbe a sottrarre al danese Pettine di Vimose (DR 207, Fyn, 160 d.C., seconda immagine) il primato di più antica iscrizione runica accertata in assoluto. Se poi risalisse addirittura al 25 d.C. (!) diventerebbe contemporanea della tanto discussa Fibula di Meldorf (Schleswing Holstein, 25 – 50 d.C.) per la quale non si è ancora arrivati a definire se l’incisione sia stata realizzata per mezzo di rune, caratteri latini o protorune. I due monumenti finirebbero così per essere molto vicini in termini cronologici, ma realizzati in aree geografiche che, per quanto sicuramente inserite in una rete di contatti e comunicazioni più intensa di quanto superficialmente immaginabile, restano comunque piuttosto distanti geograficamente. Tutti nuovi spunti di riflessione in merito all’origine delle rune.
[pettine di Vimose, immagine fornita a Wikimedia Commons dal Nationalmuseet in un progetto di collaborazione – CC BY-SA 3.0]
LE ISCRIZIONI
Sul frammento principale si vedono bene in basso a sinistra 8 rune che vanno a comporre la parola iđiberug. La prima ipotesi è che si tratti di un nome di persona, probabilmente femminile: la defunta cui è stato dedicato un rituale? la particolarità che subito salta all’occhio è la resa epigrafica decisamente insolita della runa nr. 4 realizzata con quattro “anse” anziché le canoniche due. La restante superficie del frammento maggiore è coperta da rune, isolate e in gruppo, segni non identificabili e una ripetizione in più punti proprio di questa particolare resa epigrafica della runa. Esercizi di apprendimento? Nonsensinskrift, iscrizioni prive di significato linguistico, che ogni tanto capita di incontrare?

Spiccano in un’altra sezione del frammento le tre rune fuþ-: probabilmente l’inizio di una intera sequenza runica, tipologia di incisione non insolita e già nota in contesti funerari. Perfino la più antica attestazione completa del fuþark a 24 segni arriva da una lastra che probabilmente “chiudeva” una sepoltura, con la particolarità di avere il lato inciso rivolto verso il terreno (Pietra di Kylver, G88, Gotland, 400 d.C., terza foto). Il fatto che sul frammento di Svingerud sia inciso il principio del fuþark ci fa capire che all’epoca in cui è stata realizzata l’iscrizione l’ordine della sequenza runica, uno dei tratti peculiari del fuþark rispetto all’alfabeto modello di partenza qualunque esso sia stato, era già definito. Certo l’ideale sarebbe stato avere la totalità delle rune, così da raccogliere informazioni anche sull’ordine (discusso) delle coppie di rune 13/14 e 23/24, ma decisamente anche così si tratta di un’informazione preziosa.

Su uno degli altri frammenti più piccoli si leggerebbe runo, cioè le rune. Runa è termine noto a tutte le lingue germaniche antiche e presente nelle iscrizioni già dall’età del Ferro, questa quindi diventerebbe in assoluto la sua più antica attestazione. Nel corpus antico non sono rare formule del genere io dipinsi / incisi le rune, come si legge ad esempio nella citata pietra di Einang. Se questa parola facesse parte di una formula del genere, questo dettaglio sarebbe estremamente significativo, perché collocherebbe la nuova scoperta all’interno di una tradizione ben definita, ma ad oggi attestata solo dal IV secolo …e anticipare la tradizione significa anticiparne la sua stessa origine.
CONCLUSIONI
Come tutti ad oggi non ho potuto vedere di persona la pietra, che sarà esposta da questo week-end per circa un mese ad Oslo, e resto in attesa della pubblicazione di ulteriori dettagli e del resoconto futuro delle ricerche che ancora dovranno essere svolte.

Senza abbandonarsi alla fantasia, devo ammettere che se la Pietra di Svingerud oltre ad essere la più antica iscrizione runica su pietra, fosse anche la più antica iscrizione runica nota in assoluto sarei molto colpita da alcuni elementi. In primo luogo avrei immaginato un’iscrizione così antica su un supporto diverso dalla pietra, come i piccoli oggetti di materiale organico che miracolosamente si sono salvati dall’usura del tempo (vedi il pettine di Vimose) o le punte di lancia di alcune sepolture distribuite in tutto il territorio scandinavo. Se poi su quella pietra originariamente fosse stata incisa una formula pur breve, ma articolata e ben strutturata… quella sarebbe l’inequivocabile prova che nel I – II s. d.C. le rune erano un sistema di scrittura e comunicazione decisamente molto ben definito e per giungere a quel livello serve un intervallo di tempo significativo dal momento dell’invenzione / rielaborazione della sequenza. Aggiungiamo anche che l’ordine della sequenza ai tempi della Pietra di Svingerud potrebbe essere già stato quello poi attestato da documenti più recenti di 300 anni e a questo punto davvero si potrebbero rivedere alcuni ragionamenti che sono sempre stati alla base di ciò che noi oggi crediamo di sapere in merito all’origine delle rune. La discussione su dove e soprattutto quando e a partire da quale modello le rune sono state rielaborate si potrebbe riaprire con grande forza.

Pochi giorni fa in un mio post su Facebook proprio a tema antichità delle rune auspicavo la scoperta di un nuovo documento che potesse stimolare riflessione e ricerca… mai avrei pensato che sarei stata accontentata in modo tanto eclatante e così rapidamente. Comunque andrà, siamo di fronte a qualcosa che segnerà la storia della runologia. Ci sembra di aver fatto tanta strada dai tempi dei primi antiquari, dei pionieri Bureus e Worm, eppure un frammento di pietra di poco più di 30 cm per lato può far vacillare tutte le nostre certezze.
Ma in fondo, il bello della Ricerca non è proprio il suo non fermarsi mai e non smettere mai di sorprendere?
Personalmente posso dire che la magia delle rune mi ha catturata ancora una volta.
Scritto da: Luisella Sari

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