La magia delle rune

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I BOREALI 2023, LA MAGIA DELLE RUNE

Le rune sono le lettere di un alfabeto utilizzato in Scandinavia a partire dall’inizio della nostra Era e sono quindi in primo luogo strumenti di scrittura; tuttavia già le iscrizioni più antiche contengono formule ed espressioni magiche e sono spesso connesse ad un contesto magico-rituale.

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Quando le rune cessarono di essere utilizzate, si perse memoria del loro meccanismo di funzionamento e gli antiquari iniziarono a considerare le iscrizioni, in particolare quelle delle grandi pietre tipiche del paesaggio scandinavo, come affascinanti, ma incomprensibili testimoni di un passato certamente glorioso. Decifrarle era una sfida necessaria da affrontare per dimostrare l’antichità e l’autorevolezza dei Regni Settentrionali, che si stavano imponendo nel panorama politico europeo. Fu così che nacque la runologia, la scienza che studia le rune.

Il tema del rapporto delle rune con la magia è stato a lungo uno dei più sentiti in ambito accademico e non ha mancato di generare tensioni culminate al principio del XX secolo in una sorta di frattura tra quanti, scettici, rigettavano ogni coinvolgimento con la magia (perfino dove questo era evidente) ed altri, entusiasti, disposti a stravolgere dati oggettivi per dimostrare il legame simbiotico delle rune con il mondo del mistero. Oggi la prospettiva è cambiata. La runologia come disciplina accademica opera nell’ambito della linguistica storica e della filologia e mira a ricostruire i testi delle iscrizioni e ad arrivare alla loro corretta interpretazione attraverso l’analisi del contesto (avvalendosi del supporto di molte altre scienze), mentre un altro tipo di runologia, connessa al concetto di archetipo, vede nelle rune strumenti di canalizzazione dell’energia, guida e sostegno per l’Essere ed è manifestazione di esigenze personali riconducibili alla sfera della spiritualità.

Al XVII secolo risalgono le origini di entrambi gli approcci, sintetizzati nel pensiero di Johannes Bureus, il quale da un lato ambiva alla pubblicazione di un corpus delle iscrizioni svedesi dal taglio assai moderno (immagine – testo – commento linguistico) e dall’altro aveva elaborato un sistema personale di interpretazione delle rune quali elementi di connessione tra il piano umano e il divino.

I NOMI DELLE RUNE

Filologicamente il primo indizio del rapporto delle rune con la magia sta nei loro nomi. Ogni runa, infatti, possedeva un nome che iniziava con il suono rappresentato dalla runa, forse per facilitarne l’apprendimento mnemonico, e si rifaceva ad una Forza della Natura, ad una manifestazione atmosferica, ad animali, a divinità o ad altri ambiti della quotidianità. Tali nomi sono noti grazie a fonti medievali, che li tramandano a partire dal IX secolo inserendosi però sicuramente in una tradizione molto più antica. Indizio di tale antichità è per esempio il fatto che già al principio del IV secolo si trovano nelle iscrizioni rune isolate utilizzate nella loro funzione ideografica (simbolica), talvolta accostate in triplice ripetizione per veicolare formule magiche.
La runa *fehu, ad esempio, prima runa della sequenza significa bestiame, ricchezza e nella sua valenza ideografica si carica di valore propiziatorio, quale ad esempio aveva sulla perduta pietra di Gummarp. Altrettanto diffusa doveva essere l’abitudine di veicolare maledizioni attraverso la magia delle tre lettere, staba þria, che si trova citata perfino nell’Edda Poetica. Si tratta di un passo molto famoso il cui il messaggero del dio Freyr riesce a portare a termine la missione della quale era stato incaricato, conquistare la mano della bella Gerđr, solo minacciando la fanciulla di intagliare per lei tre volte *Thurisaz e sconvolgerne la mente… una runa pericolosa, connessa ai Giganti, la cui forza fisica può essere vinta solo da Thor e la cui sapienza superata solo da Odino!
All’epoca in cui sorsero le rune, la conoscenza di questo sistema di scrittura era prerogativa di una casta di iniziati, gli erilaR, esponenti dell’aristocrazia guerriera, devoti del dio Odino. Gli erilaR firmano spesso formule in cui sono inseriti rimandi al dio delle rune e della magia, in particolare attraverso il richiamo ai suoi animali totemici: il corvo, il cavallo e il lupo. Gran parte di queste formule si trovano su bratteate, lamine in oro ispirate ai medaglioni del Tardo Impero, che non servivano da monete, bensì da amuleti. Alcune recano intere sequenze del futhark, altre parole magiche, singole o in coppia, connesse ad un’iconografia dai marcati riferimenti mitologici non sempre facilmente identificabili, come nel caso della bratteata di Skrydstrup dove la scena si mostra piuttosto articolata.

PAROLE MAGICHE...

Tra le parole magiche alu è certamente la più famosa e probabilmente la più diffusa. Etimologicamente connessa alla birra, potrebbe alludere ad un concetto di estasi cui si giungeva attraverso bevute rituali di bevande fermentate (la produzione della birra su larga scala è archeologicamente documentata in Scandinavia già in tempi antichi). Si trova incisa su pietre, come quella norvegese di Elgesem, che nel 400 circa si ergeva vicino ad un tumulo in un contesto certamente sacro, o su legno, come sulle aste di freccia emerse dalla palude danese di Nydam e risalenti al 350 d.C., e ancora su bratteate, come quella elegante di Djupbrunns, trovata sull’isola di Gotland in un tesoro che conteneva perfino denari dell’epoca di Nerone!
In epoca vichinga il rapporto tra le rune e la magia passò in un certo senso in secondo piano data la natura stessa delle iscrizioni: grandi pietre pubbliche, pensate per onorare i defunti, ma di fatto utili ai vivi per affermare il potere e la ricchezza delle famiglie committenti. Talvolta in esse vi è spazio per un futhark completo o parziale, indizio già di per sé di formula magica, o per l’inserimento di parole magiche o, nel caso in cui ancora ci si trovasse in contesto pagano, di una maledizione nei confronti di quanti avessero osato danneggiare il monumento. Gli amuleti sono però rari e il più celebre risale alla prima epoca vichinga, 725 d.C. circa. Si tratta del celebre frammento di Ribe, una piccola sezione di osso cranico umano che reca incisa una formula (probabilmente contro il mal di testa) la cui apertura è un’invocazione alla divinità, in cui spicca Odino. Un forellino dimostra che era stato pensato per essere portato sempre con sé appeso al collo.

LA CONVERSIONE

Magia delle rune
N B257 Da Runor, licenza CC
Ciò che segnò definitivamente il passaggio dall’epoca vichinga al Medioevo fu la definitiva conversione delle popolazioni nordiche al cristianesimo; con la conseguente adozione delle abitudini ad esso connesse e una rinnovata struttura sociale e nazionale basata sul modello degli stati europei cristiani continentali. In questo mondo vi fu ancora spazio per le rune, utilizzate per comunicazioni quotidiane, immediate, dirette, ben diverse dall’ufficialità del latino dell’amministrazione reale e della Chiesa. Il ventaglio di iscrizioni a nostra disposizione è talmente eterogeneo da sfuggire ad ogni classificazione definitiva e in esso trovano ancora posto formule magiche e amuleti.

Considerando che ormai ci si muoveva in un contesto cristianizzato, le formule magiche si caricano anche di una nuova funzione: scongiurare la minaccia demoniaca. Per tale ragione perfino le formule liturgiche, incise in determinati modi, possono diventare formule magiche. Non mancano però né la memoria di espressioni più antiche, né la creazione di nuovi incantesimi, come quelli che, ad esempio, si trovano elencati su tutti e quattro i lati di un bastoncino runico ritrovato a Bergen (N B257), considerato dagli studiosi proprio una sorta di antologia per l’apprendimento della magia runica.
In conclusione è quindi corretto e filologicamente ed archeologicamente dimostrabile, sostenere che sia sempre esistito un rapporto tra le rune e il mondo del sacro, che si poteva esprimere anche attraverso il ricorso alla magia. Superate le opposizioni di un tempo, oggi siamo consapevoli di come due approcci differenti alle rune siano l’espressione di due necessità differenti, ma non necessariamente debbano trovarsi in aperto contrasto (purché gli ambiti di azione siano da entrambi rispettati).

Forse parte della magia delle rune sta proprio in questa loro capacità di attrarre e suscitare passioni ancora 2000 anni dopo la loro invenzione.

Qui di seguito alcune foto dal teatro:

Il video dell’intervento di Luisella Sari al festival nordico I Boreali:
Scritto da: Luisella Sari

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